Potevamo, dovevamo, facevamo, voce del verbo Imperfetto. Imperfetta come l'intera semifinale con il Dnipro. Imperfette come tutte le partite disputate con squadre inferiori tecnicamente al Napoli di Benitez. Chievo, Dnipro, Palermo, Parma, Empoli, Torino, Atletic Bilbao, tutte squadre che hanno fermato e stoppato i sogni di noi tifosi e degli azzurri in campo. Contro le italiane i risultati negativi ci hanno allontanato dal secondo posto e rimangano solo quattro partite per raggiungere la seconda posizione ma ora non dipende solo da noi: dobbiamo sperare che le due romane facciano ulteriori passi falsi e di non fallire l'aggancio. In Europa, nei preliminari Champions il Bilbao, al San Paolo si è messo dietro la linea della palla e alla prima occasione ci ha castigati; in casa loro con il Napoli tutto offensivo è andato a nozze con i contropiedi. Così come con gli ucraini: due partite uguali andata e ritorno, loro in area ben organizzati e noi che non riuscivamo a sfondare. I loro due gol viziati da fuorigioco e falli? Si è vero. Ma chi doveva mettere palla dentro nelle due partite è venuto meno: nella prima partita il portiere Boiko ha parato tutto, nella seconda Higuain, a parte la prima azione,si è smarrito. L'allenatore del Dnipro aveva detto che sapeva come fermarci e ci è riuscito in pieno. Sapeva che andavamo sulle fasce da Insigne prima e Mertens dopo, gli ha raddoppiato e triplicato la marcatura. Sapeva che amiamo giocare in spazi stretti ed in orizzontale con triangoli e azioni veloci, ha messo un centrocampista e un difensore in più e l'unico attaccante che aveva sul fronte avanzato ripiegava sempre dando una mano a tutti. Morale della favola: siamo fuori dalla finale di Varvasia, non accediamo direttamente alla zona Champions e addio a futuri 61 milioni di euro messi in palio dalla UEFA. Forse entreremo in Champions League tramite il nostro campionato, agguantando il secondo posto, non è dato sapere se non aspettando. La banda Benitez non ha più scuse tipo giocare ogni tre giorni, anzi possono fare quello che gli riesce bene: riposarsi, tre, quattro e perchè no cinque giorni. Tutto questo forse, e sottolineo forse, si poteva evitare se Benitez avesse una sola volta cambiato il suo modo di giocare. Con le grandi squadre lui va a nozze, giocano e lasciano giocare, c'è ampia libertà sulle fasce, ci sono spazi liberi dove poter gestire la palla e sopratutto contro le big non c'è bisogno di chiedere motivazioni super per affrontarle. Contro le piccole vengono fuori tutte le pecche del mister spagnolo. Una volta bloccata la sua fonte di gioco si ferma il Napoli e non ha mai provato a cambiare schema, sempre lo stesso, andando a cozzare contro il muro dei difensori o, come è capitato, sbattere contro tutti gli undici giocatori avversari che difendono con le unghie la propria porta. Lo scenario è sempre quello: Higuain che si innervosisce, Insigne che non riesce a saltare l'uomo, Callejon che è l'antitesi del giocatore ammirato l'anno scorso, Mertens che crea tanto ma non trova nessuno, salvo poi decidere per una soluzione personale, Hamsik che non sa più cosa fare anche perchè il più delle volte parte dalla panchina o non si alza nemmeno dalla stessa. Non è questo il Napoli che vogliamo, non c'è stata una sola partita in cui abbiamo persoo pareggiato in cui si è potuto dire: "erano piu forti, tanto di cappello". Sempre scuse, sempre alibi, c'e stato sempre un se e un ma di troppo. Non interessa più chi sarà il prossimo allenatore, Benitez da signore quale è invece di fare il misterioso, chiamasse De Laurentiis:" Presidente rimango altri due anni, voglio e pretendo questa squadra, vinco e me ne vado". E' più facile venire a conoscenza del terzo segreto di Fatima che sapere se lo spagnolo rimanga o meno. Lo stesso discorso va fatto anche ai giocatori o pseudo tali: chi rimane deve dare il sangue in campo, chi viene sa che per quella maglia azzurra si va oltre l'ostacolo. Chi sposa il Napoli deve avere la passione di noi tifosi, in particolar modo di quei 300 fedelissimi presenti ieri sera a Kiev, delusi, amareggiati e per di più attaccati dagli ultrà ucraini.
Francesco Ricciuto
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